Sorelle noi vi crediamo!
Sorelle, noi vi crediamo!
“If 50 men call a woman ‘slut’ you believe them, but if 50 women call a man ‘rapist’ you call them liars!”
“Se 50 uomini chiamano una donna puttana gli credete, ma se 50 donne chiamano un uomo stupratore, le chiamate bugiarde!”. Questo è uno dei commenti a sostegno di un post di Shelby Lynn, una delle ragazze che ha avuto la forza di aprirsi sui social e di raccontare l’abuso subito dal frontman dei Rammstein. Questo commento mette sotto gli occhi di tutt* una realtà in cui è lecito gettare un totale discredito delle voci delle donne. Ogni qual volta si assiste ad una denuncia pubblica di una violenza maschile le donne subiscono questo trattamento. Si comincia con le urla sulla presunzione di innocenza, sostenendo che si è innocenti fino a prova contraria.
Nel nostro profilo instagram dopo che ci siamo schierate a sostegno delle donne che hanno denunciato gli abusi del frontman dei Rammstein alcuni commenti fanno esplicito riferimento all’innocenza “fino al terzo grado di giudizio”. Solo il 25% delle donne che si rivolgono ai centri-antiviolenza denunciano alle autorità giudiziarie le violenze subite. Questo vorrebbe dire che il 75% delle donne che ricevono sostegno dai centri antiviolenza sono bugiarde? Pensare che solo arrivando ad una condanna definitiva si possa sostenere di aver subito una violenza rivela una visione estremamente miope ed una scarsa conoscenza del fenomeno della violenza maschile contro le donne. Denunciare è un privilegio, poiché l’investimento psicologico, economico e temporale è immenso e non tutte possono permetterselo. Per questo i centri antiviolenza si pongono come luoghi di ascolto e sostegno indipendentemente dall’intenzione della sopravvissuta agli abusi di sporgere una denuncia formale.
Questa levata di scudi sulla presunzione di innocenza è quantomeno spinosa e tradisce una certa malafede, poiché nessuno si fa problemi a dare delle bugiarde alle donne che si sono fatte avanti. Le donne devono sempre dimostrare di non essere bugiarde, mentre gli uomini non sono tenuti a discolparsi dalle accuse di violenza di genere. Perché, sulle questioni di genere, gli uomini vengono sempre percepiti come maggiormente autorevoli e neutrali, mentre le donne come irrazionali, bugiarde ed esagerate. Questo è un grave problema di misoginia interiorizzata con cui le donne fanno i conti tutti i giorni. Ciò è dimostrato anche dalle parole ufficiali della band che sulla vicenda, riferendosi alle accusatrici hanno commentato: «Hanno diritto a vedere le cose a modo loro, ma anche noi della band abbiamo un diritto, quello di non essere vittime di pregiudizi». Questa frase tradisce innanzitutto un tentativo – neanche troppo celato – di gaslighting. Si tratta di una forma di manipolazione e di violenza psicologica, una delle forme in cui si mostra spesso è l’insinuazione che un’esperienza vissuta da una vittima non sia reale, sia immaginata e solo nella sua testa. Si prosegue poi con un’auto-vittimizzazione (si definiscono “vittime di pregiudizi”), una forma di de-responsabilizzazione spesso utilizzata dagli uomini violenti e dai loro sostenitori per giustificare le proprie azioni e/o negare ogni responsabilità. Ma essere accusati di violenza di genere non significa essere “vittime di pregiudizi”, al contrario, sono le donne che vengono accusate a priori di mentire e subiscono un pregiudizio, quello delle donne bugiarde. In epoca medievale una donna violentata subiva torture indicibili per verificare che la sua testimonianza fosse attendibile, oggi abbiamo lasciato perdere i metodi di tortura fisica, ma le donne che denunciano un crimine di genere vengono ancora messe sul banco degli imputati e sono costrette a rivivere il trauma più volte.
Il motivo principale per cui ci teniamo a sradicare questa narrazione è proprio la vittimizzazione secondaria che questi atteggiamenti provocano. La vittimizzazione secondaria è un processo che riguarda prevalentemente le donne che hanno subito un trauma, un reato o un sopruso, che si trovano a rivivere le condizioni di sofferenza a cui sono state sottoposte. Questo provoca un ulteriore trauma, che porta le sopravvissute a chiudersi con l’esterno, a non cercare più aiuto e a peggiorare le loro condizioni psicologiche. L’impatto che la vittimizzazione secondaria ha sul fenomeno della violenza di genere è devastante. Questa mole di commenti irrispettosi e violenti nei confronti delle sopravvissute ad un reato violento non solo impatta negativamente su colei a cui sono rivolti, ma diventano un deterrente per altre donne che vorrebbero denunciare le violenze subite. Gettare discredito sulle donne, essere guidati dal pregiudizio che le donne siano sempre bugiarde (fino a prova contraria) è una strategia del mantenimento dello status quo patriarcale ed è un tentativo di zittire chiunque cerchi di scardinare il sistema di dominazione e violenza maschile contro le donne.
Come centro antiviolenza il messaggio importante che vogliamo mandare è: donne non siete sole, sorelle noi vi crediamo!