Tutto quello che abbiamo da dire - Documento Politico del Coordinamento IRIS dei Centri antiviolenza e delle case rifugio del Veneto
TUTTO QUELLO CHE ABBIAMO DA DIRE
Giulia Cecchettin è la 105esima donna uccisa del 2023.
Non è il primo 25 Novembre che passiamo a ricordare una donna uccisa per mano di un uomo che pensava di poter decidere su di lei, su tutto, anche sulla sua vita.
Per questo stiamo districando quel groviglio che abbiamo in gola per gridare la nostra rabbia, per riappropriarci degli spazi che ci appartengono. Per gridare che nessuna resti sola. Per gridare a Giulia che saremo rivoluzione per lei, per noi.
Insieme alle lacrime e al dolore, è la rabbia che ci aggroviglia le parole in gola. La rabbia di chi sa cosa significa vivere nella consapevolezza che potrebbe capitare anche a te. La rabbia di chi parla di violenza maschile e viene tacciata di essere esagerata o di parte. La rabbia di chi annualmente accoglie, sostiene e supporta migliaia di donne in situazioni di violenza nel nostro territorio, e deve continuamente elemosinare i fondi per farlo. La rabbia di chi vede sfilate di cordoglio per Giulia che poi non trovano riscontro in reali prese di posizione contro il sistema patriarcale. La rabbia di chi, passato il 25 novembre, viene di nuovo lasciata sola dalle istituzioni.
Lo sappiamo bene, l’isolamento è una delle strategie per mantenere le donne in una posizione di dipendenza e paura. Per questo vogliamo che le donne sappiano che i Centri antiviolenza ci sono sempre per loro. Per questo abbiamo bisogno, come donne e come operatrici, di sentire che non siamo sole.
Siamo consapevoli che quello che diremo può essere forte ma pensiamo sia giunto il momento di farlo, perché vogliamo che da qui non si torni più indietro.
In questi anni ci siamo sentite dire
Che le donne denunciano perché vogliono ottenere condizioni vantaggiose nelle separazioni
Che le donne straniere dicono di essere vittime di violenza così ottengono il permesso di soggiorno
Che non ci sono soldi per sostenere le piccole spese per le donne ospiti in casa rifugio
Che se una donna non ha la residenza non si deve chiedere niente al Comune
Che se la donna ha atteggiamenti occidentaleggianti allora può essere un motivo per la violenza
Che non importa se lui è stato condannato definitivamente per violenza, anche sui figli e sulle figlie, è comunque un buon padre e ha il diritto di vedere i suoi figli, anche se loro non lo vogliono vedere
Che sì la violenza è un problema culturale, ma sono le donne a educare i loro figli e le loro figlie
Che siamo delle nazifemministe che odiano gli uomini
Che dobbiamo trovare i fondi da sole perché lo Stato non può provvedere a tutto
Di finirla di fare le vittime
Che la violenza è un problema del passato e noi donne ormai abbiamo tutti i diritti
Che uno schiaffo non è violenza
Che il cat-calling e le molestie verbali per strada non sono violenza, ma complimenti
Che possiamo incontrare gli studenti e le studentesse, ma senza pronunciare la parola “genere”
Che non contano le violenze subite dalle donne, ma solo gli intenti “scherzosi” dei loro aggressori
Che costiamo troppo
Che è colpa dei cellulari, dei social
Che non si va all’ultimo appuntamento
Che la donna in sede di querela ha detto solo tante cazzate
Che “non ci sono fondi per questa donna e i suoi figli” e che è meglio faccia ritorno al suo paese
Che dovremmo chiedere alla donna di continuare a pagare le bollette della casa che ha lasciato con i figli, perché lui altrimenti rimane senza forniture
Ci sono chiare responsabilità in tutto questo, le responsabilità
Del Governo, che non ha ancora stanziato i fondi per il 2023, che non ascolta i Centri antiviolenza e li obbliga a tenere aperti h24 senza fondi, che agisce solo per punire e reprimere e mai per prevenire
Dei Tribunali, dove si sottovaluta il rischio e si archiviano denunce dove le donne dicono di aver paura perché il maltrattante le ha minacciate con un coltello
Delle Forze dell’Ordine, quando dicono alle donne di tenerlo buono, di pulire meglio, di tornare a casa perché la violenza non è grave
Delle Istituzioni locali, quando continuano a dire che non ci sono i soldi, ma per sagre e feste tradizionali non mancano mai
Del mondo dell'istruzione quando pensa che non sia necessario parlare di patriarcato e genere in classe
Dell’Università che ci dice che non possiamo aprire uno Sportello antiviolenza per non urtare altre sensibilità
Dei Comuni che chiudono gli sportelli antiviolenza
Del mondo dell'informazione, quando continua nonostante tutto a raccontare violenza e femminicidi come episodi di un amore malato e tossico
Della società, che giudica le donne perché se la sono voluta la violenza o se la vanno a cercare
Di un maschile che si sente assolto se non ha alzato le mani su una donna ed è cieco al suo privilegio, quando occupa tutti gli spazi sia nel pubblico sia nel privato.
Non vogliamo più sopportare
Che le Istituzioni ci facciano lavorare con un euro al giorno per ogni donna accolta
Che le donne ci dicano che hanno paura perché nessuno le protegge
Che le donne debbano andarsene di casa spesso con i loro figli e figlie e il maltrattante continua a vivere indisturbato a casa sua
Che le donne vengano giudicate per qualsiasi loro scelta e comportamento, come se fossero loro a sbagliare e non il maltrattante
Che l’Italia sia uno dei pochi paesi europei senza un programma strutturato di educazione sessuale e affettiva nelle scuole
Che influencer e scrittori complottisti e misogini siano proposti per lavorare nelle scuole
Che delle donne uccise si dica che dovevano lasciarlo prima
Che le operatrici formate dei Centri antiviolenza non vengano prese in considerazione quando si devono prendere decisioni in merito alla questione della violenza maschile
Di essere contattate dai Comuni solo in occasione dell’8 marzo e del 25 novembre per fare l’evento più bello e poi ci lasciano sole nel gestire le accoglienze delle loro cittadine
La consapevolezza
Non vogliamo vivere nella paura, ma siamo consapevoli che nessunə è esente, che la violenza patriarcale è una realtà, alle volte occultata e sommersa, che permea gli ambiti di tutte le nostre vite: dai posti di lavoro, di studio, di aggregazione, alle nostre relazioni intime.
In Italia in media una volta ogni tre giorni questa violenza sfocia in gesti estremi come il femminicidio, ma questi non sono casi isolati, sono segnali di un sistema marcio dalle radici: siamo tuttə coinvoltə direttamente e indirettamente su vari livelli e c’è una responsabilità collettiva nel rimanere vigili, ma anche nell’essere proattivə verso il cambiamento.