Rosa Luxemburg: una donna chiamata rivoluzione
Nata il 5 marzo 1871 in Polonia, all’epoca parte della Russia, e morta assassinata a Berlino nel 1919, Rosa Luxemburg fu una filosofa, economista, politica ed attivista rivoluzionaria.
La minore di cinque fratelli cresciuti in una famiglia della media borghesia ebraica, una volta finito il liceo la Luxemburg si trasferisce a Zurigo dove studia legge ed economia politica, riuscendo a conseguire un dottorato nel 1898.
Sostenitrice del socialismo, il suo ruolo è stato fondamentale nella fondazione della Lega di Spartaco, confluita poi nel Partito Comunista di Germania.
Rosa Luxemburg fu una grande teorica politica, elaborò le teorie di Marx in chiave umanitaria; tra le sue opere più famose troviamo L’accumulazione del Capitale: uno studio sull’imperialismo interpretato come lo sviluppo del capitalismo verso le aree meno sviluppate del mondo.
Qui la differenza rispetto al Pensiero di Marx: secondo la Luxemburg, anche se il capitalismo fosse entrato in crisi, sarebbe riuscito a “salvarsi” grazie alle immense risorse derivate dal colonialismo, al quale fu sempre strenuamente contraria.
Dovette continuamente combattere per sfuggire all’autorità patriarcale che tentò di addomesticare il suo pensiero. Venne spesso rimproverata dai colleghi rivoluzionari per essere «troppo donna e non abbastanza compagna di partito»; accuse alle quali non tardava a controbattere: «Non posso insegnarvi a essere umani».
In Italia l’eco delle teorie economiche di Rosa Luxemburg risuona forte nella prima metà degli anni Settanta nella campagna internazionale per il salario al lavoro domestico.
L’eredità politica e intellettuale che da Rosa Luxemburg è passata al femminismo, in maniera diretta o indiretta, è una prospettiva da cui guardare il mondo, un angolo di visuale che può rendere più chiare le zone d’ombra e le difficili connessioni tra sesso, classe e razza; quelle che oggi chiameremmo intersezionalità.