Cambiamenti climatici contro le donne e Donne contro i cambiamenti climatici
Il 5 giugno ricorre la giornata internazionale dell’ambiente, il più grande evento annuale delle Nazioni Unite per promuovere un’azione ambientale positiva e aumentare la sensibilità nei confronti della tutela dell’ambiente.
Il discorso sulla tutela dell’ambiente e sul cambiamento climatico non può essere neutrale alle problematiche di genere, perché genere e clima sono strettamente legati.
Susan Buckingham, ricercatrice nel settore delle politiche ambientali a Cambridge, dice in un’intervista: “Genere e clima sono connessi a un livello essenziale. I processi che hanno creato le condizioni per la crisi climatica sono gli stessi che permettono che alle donne sia attribuito un valore inferiore rispetto a quello attribuito agli uomini; che le donne nere o disabili, e quelle che si prendono cura degli altri, valgano meno di tutti. È per questo motivo che affrontare la crisi climatica richiede un cambio di paradigma”.
Infatti, donne e uomini non hanno la stessa percezione e non sperimentano il cambiamento climatico allo stesso modo, a causa delle aspettative culturali nei loro confronti. Come vedremo più dettagliatamente in questo approfondimento, i ruoli e le responsabilità assegnate alle donne si traducono in una realtà che, nell’affrontare i disastri ambientali e le conseguenze del cambiamento climatico, può limitare la loro possibilità di migrare e, all’estremo, anche di sopravvivere.
Per le problematiche legate al clima, quindi, è necessaria una prospettiva di genere e incentrata sul rispetto dei diritti umani, e il modo migliore per ottenere questa prospettiva è far sì che le donne siano anche agenti di cambiamento, che abbiano la possibilità di far sentire la loro voce e partecipare attivamente alle decisioni di policy.
In questo e nel prossimo approfondimento osserveremo più nel dettaglio la connessione tra donne e clima, sotto due punti di vista diversi: in primis, le donne come prime a subire sulla propria pelle gli effetti del cambiamento climatico, ma al tempo stesso anche come leader tra le più attive e importanti nella lotta per l’ambiente.
Cambiamenti climatici contro le donne
Come detto, non è sorprendente che le donne siano più esposte degli uomini alle conseguenze del cambiamento climatico, soprattutto quando si tratta dei disastri ambientali ad esso connessi.
Ne è un esempio un fenomeno che si sta recentemente diffondendo, quello della environmental migration (migrazione per ragioni ambientali): questo avviene quando in un paese la situazione ambientale diventa insostenibile (ad esempio a causa dell’innalzamento del livello dell’acqua), e di conseguenza i suoi abitanti sono costretti a spostarsi per cercare migliori condizioni di vita, o addirittura per sopravvivere. È un fenomeno che mette le donne in una posizione di svantaggio, soprattutto per quanto riguarda le donne che hanno un accesso limitato all’informazione, alle risorse o al mondo del lavoro nel paese di destinazione: infatti, questi fattori sono degli ostacoli per le donne, e impediscono loro di costruirsi una vita adeguata e dignitosa.
Questo fa sì che alle minacce ambientali nel paese di provenienza, si aggiungano dei rischi nella migrazione stessa - come ad esempio la tratta di esseri umani - e nel paese di destinazione.
Per le donne è più difficile riuscire effettivamente a fuggire dalle situazioni pericolose causate dai disastri ambientali, anche a causa del lavoro di assistenza e cura che ricade sempre sulle loro spalle.
Allo stesso tempo, per molte donne è complicato (se non impossibile) spostarsi senza il consenso di una figura maschile: la possibilità di affrontare i disastri ambientali causati dal cambiamento climatico dipende anche dall’influenza socio-culturale riguardante le norme di genere.
I problemi legati al clima, però, non riguardano solamente la migrazione: nelle aree rurali, il cambiamento climatico e la siccità che ne è derivata hanno aumentato il carico di lavoro delle donne, che spesso sono responsabili della raccolta dell’acqua, di legna da ardere, o in generale di cibo e sostentamento.
Per le donne che vivono in comunità che fanno affidamento su risorse naturali per vivere, il cambiamento climatico rappresenta un rischio ancora più elevato, perché si trovano a non avere le risorse per rispondere ai pericoli causati dai disastri ambientali.
Questo rischia anche di far aumentare il tempo necessario per il lavoro di assistenza e cura svolto e non pagato, il che, conseguentemente, renderà più difficile per loro trovare un lavoro retribuito, ma anche partecipare ai processi decisionali all’interno delle loro comunità, o di guadagnare conoscenze sufficienti per meglio affrontare situazioni pericolose in futuro.
Donne contro i cambiamenti climatici
Oltre a quello preso ad esame nel precedente approfondimento, c’è un altro aspetto che lega le donne alla lotta per l’ambiente: le donne sono tra le leader e attiviste che più si sono impegnate e si impegnano per il clima, e rappresentano un assetto importante per il futuro del nostro pianeta.
In primis, la stessa Commissione ONU sullo status delle donne ha ribadito l’importanza del ruolo che donne e ragazze ricoprono come agenti per lo sviluppo sostenibile, salvaguardando l’ambiente e affrontando gli effetti negativi del cambiamento climatico.
Anche a livello statistico, si nota che le donne hanno un approccio diverso all’ambiente: sono loro ad aver cambiato i propri comportamenti più degli uomini per contrastare gli effetti del cambiamento climatico.
Le donne che anche a livello di governance hanno fatto la differenza per quanto riguarda le politiche ambientali sono moltissime. In questo approfondimento ne nominiamo solo alcune, tra leader politiche e attiviste.
Un nome molto importante nell’ambito dell’ambientalismo è quello di Vandana Shiva, fisica quantistica ed economista militante ambientalista, considerata ad oggi la teorica più nota dell’ecologia sociale. È la fondatrice di Navdanya, un movimento volto a proteggere la biodiversità che ha partecipato anche al vertice di Rio De Janeiro. È la vicepresidente di Slow Food, un’organizzazione che si impegna nella protezione di tradizioni culinarie locali ed è consulente per le politiche agricole di numerosi governi, in Asia e in Europa.
Un’altra importante attivista nell’ambito ambientale è Wangari Maathai, vincitrice del Premio Nobel per la Pace per il suo importante contributo nell’ambito dello sviluppo sostenibile. Ha fondato il Green Belt Movement, un movimento a sostegno delle comunità e in particolare delle donne, con lo scopo di conservare l’ambiente in cui vivono e migliorare le loro condizioni di vita.
Fondamentale è anche ricordare Berta Cáceres, co-fondatrice del Consiglio Nazionale delle Organizzazioni Popolari e Indigene dell’Honduras, che per tutta la vita si è battuta per l’ambiente e i diritti civili delle popolazioni indigene nel suo paese, con una particolare attenzione per la difesa dei fiumi. È stata anche vincitrice del Goldman Environmental Prize (considerato il Premio Nobel per l’ambiente). Proprio a causa del suo impegno nella lotta ambientale, la notte tra il 2 e il 3 marzo 2016 viene assassinata.
Anche per Arundhati Roy, scrittrice e attivista indiana, l’impegno politico e nella difesa dell’ambiente viene dall’esperienza personale, e in particolare dalla lotta contro i test nucleari condotti dal governo indiano, e contro un progetto di dighe artificiali lungo il fiume Narmada. È impegnata nel campo dei diritti umani, dell’ambiente e dei movimenti anti-globalizzazione.
Una delle figure che negli ultimi anni ha acquisito molta visibilità grazie al suo attivismo è naturalmente Greta Thunberg, conosciuta per l’iniziativa dei Fridays for Future e per la conseguente mobilitazione di giovani che ha portato ad una maggiore consapevolezza sui rischi del cambiamento climatico.
Il movimento Fridays for Future ha ispirato molti e molte giovani, tra cui Leah Namugerwa che, seguendo l’esempio di Thunberg, ha organizzato la protesta Fridays for Future Uganda. È particolarmente conosciuta per le sue campagne di rimboschimento e per aver dato vita ad una petizione per eliminare l’uso delle buste di plastica in Uganda.
Un’altra giovane attivista, ispirata dall’esperienza personale, è Alexandria Villaseñor, co-fondatrice di US Youth Climate Strike e fondatrice di Earth Uprising, due organizzazioni per i/le giovani che intendono partecipare alla lotta per l’ambiente e contro il cambiamento climatico.
Tra chi ha incluso la lotta al cambiamento climatico nella sua agenda politica c’è Kamala Harris, Vicepresidente degli Stati Uniti: tra le sue battaglie, infatti, c’è anche la creazione di un ufficio per la giustizia ambientale e climatica alla Casa Bianca.
Anne Hidalgo, sindaca di Parigi, è nota per aver realizzato nella città la politica dei “15 minuti contro il traffico” (e contro lo smog!), ovvero l’idea che ogni parigino e parigina possa vivere nel suo quartiere, trovando tutto ciò che gli e le serve entro 15 minuti di strada. È stata anche coordinatrice del C40 Cities fino al 2019, un’iniziativa volta all’empowerment femminile nell’ambito della lotta al cambiamento climatico.
A proposito della capitale francese, anche nella stesura degli accordi di Parigi per il clima le donne hanno avuto un impatto fondamentale: in particolare un ruolo molto importante l’ha avuto Christiana Figueres, una diplomatica del Costa Rica, che ha lavorato per l’avvio dei piani d’azione di genere all’interno dei processi decisionali sul clima delle Nazioni Unite.
Da questo approfondimento traspare come le donne, con le loro conoscenze dei territori e delle problematiche legate al clima, siano una risorsa fondamentale nella lotta al cambiamento climatico e per la protezione dell’ambiente.
Le politiche ambientali, sia a livello nazionale che internazionale, devono tenere conto di una prospettiva di genere, e il modo migliore per assicurarsi che questa sia inclusa in maniera efficace è proprio permettere (e incoraggiare!) la presenza delle donne all’interno dei processi decisionali, in primis garantendo i loro diritti.