Tra stereotipi e cultura dell'oggettivazione: le donne al lavoro viste da Google Immagini
In questo mese abbiamo proposto un’attività per sfatare l’idea che in ambito lavorativo le donne abbiano raggiunto una parità effettiva: sappiamo che le lotte femministe hanno fatto sì che sulla carta, ad un livello legislativo ci siano pari diritti, ma a livello fattuale?
Cosa cambia rispetto ai colleghi uomini?
Effettuando ricerche su Google immagini abbiamo potuto riscontrare come l’immaginario che ci viene fornito sui social e sui media in generale riguardo le donne al lavoro è ancora ancorato a stereotipi sessisti e sessualizzanti.
Ripercorriamo ora insieme le ricerche che abbiamo approfondito nelle ultime settimane.
Come possiamo notare cambiando l’ultima vocale della professione ricercata, declinandola al femminile, avremo subito espliciti riferimenti sessuali.
Si parla di oggettivazione sessuale o sessualizzazione per indicare le situazioni in cui il valore di una persona risiede nella sua capacità di attrazione sessuale, a esclusione di altre caratteristiche.
La persona è vista come uno strumento del piacere altrui, piuttosto che come un essere capace di agire e decidere in modo autonomo e responsabile.
L’oggettivazione si esprime in una grande varietà di forme, che hanno però una base comune: alle donne vengono richiesti pochi atteggiamenti stereotipati, ruoli limitati, corpi e volti identici. Oggettivare significa quindi ridurre le donne a oggetti di consumo, uguali, interscambiabili, privi di individualità.
Le bambine non sono esenti da questo processo di sessualizzazione.
Prendiamo ad esempio i costumi di Carnevale, ben lontani dalle lavoratrici che siamo abituati a vedere in servizio, ma piuttosto una sessualizzazione delle tali: trucco ostentato, abbigliamento succinto e atteggiamento provocante.
Tutto ciò favorisce l’incremento di stereotipi sessisti legati alle professioni e alimenta la segregazione scolastica ed occupazionale già molto presente nel nostro Paese.
La nostra società, infatti, ha sì ampliato la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, ma non ha di fatto cambiato la distribuzione dei compiti familiari né l'approccio culturale ai ruoli di genere.
Così facendo un cuoco diviene facilmente chef, acquisendo riconoscimento e prestigio sociale, mentre una cuoca è solamente una casalinga che fa il suo dovere.
Non solo il lavoro domestico, ma anche quello di cura, sembra ancora essere una predisposizione innata e naturale della donna e ce lo dimostra quel 77% di donne iscritte all’albo come infermiere.
Ed è ben chiaro da queste immagini la scarsa considerazione che esse hanno a livello lavorativo: costantemente a oscillare su un’altalena che le vuole un po’ angeliche (o eroine se per caso scoppiasse una pandemia globale!) e un po’ provocatrici sexy, ovvero l’oggetto sessuale dei suoi assistiti.
In queste rappresentazioni non sembra esserci spazio per la reale quotidianità delle donne lavoratrici, che invece di spazio e visibilità ne avrebbero un gran bisogno, date le forti disuguaglianze espresse nell’Glass-Ceiling Index.
Il cosiddetto “soffitto di cristallo” o segregazione verticale del mondo del lavoro ci indica la difficoltà per le donne di poter raggiungere le posizioni apicali a causa di tutti quegli ostacoli di natura socio-economica (salari più bassi, deboli tutele sul fronte di maternità e assistenza ai figli, ecc…) e culturale (idea della donna come angelo del focolare, costretta a scegliere tra famiglia e carriera) frutto della disparità di genere.
In poche parole le donne non vengono proprio messe in condizioni di competere con gli uomini.
Per concludere, se vi state chiedendo cosa collega queste considerazioni al nostro lavoro come centro antiviolenza, vorremmo mettere in luce come la violenza maschile sulle donne trovi la sua forza proprio in questa disparità di genere che è trasversale a tutti gli ambiti della nostra società, tra cui quello occupazionale.
L’oggettivazione sessuale, oltre ad avere effetti negativi sul benessere psico-fisico individuale, è uno degli elementi che contribuisce al mantenimento di questa disparità e quindi all’adozione di comportamenti sessisti, molesti e violenti.
Essere consapevoli di questo meccanismo è il primo passo per provare ad invertire la tendenza e lottare ogni giorno per una parità effettiva.