Un decreto senza precedenti
Abbiamo deciso di parlare pubblicamente della sentenza civile in cui viene espressamente enunciato che una condanna in secondo grado per maltrattamenti in famiglia non è rilevante nel prevedere il diritto di custodia dei/delle figli/e, seppur andando contro la nostra politica di non esporre mai le storie delle donne che si rivolgono a noi.
Questa volta è diverso. Quella sentenza è la messa in atto pratica e palese del disegno di legge Pillon.
È una sentenza che non solo non è in linea con le indicazioni internazionali in materia di violenza maschile contro le donne, ma sopratutto non rende giustizia alle donne che decidono di denunciare le violenze domestiche. Lo sappiamo che la prima minaccia da parte dell’uomo che agisce violenza è quella di portare via i figli alla donna. Ed è questa una delle principali cause per cui la violenza nelle relazioni intime è un fenomeno ancora in gran parte sommerso (80-90%).
Ma sopratutto abbiamo scelto di parlarne perché è presente la violenza assistita e questo significa che quel bambino che dovrà andare a vivere con il padre ha visto o sentito molte volte quell’uomo picchiare la madre.
Allora ci chiediamo come un padre che agisce un comportamento tale possa essere ritenuto idoneo e sopratutto tutelante.
Siamo di fronte a un’ingiustizia, a una violazione gravissima dei diritti umani e faremo di tutto, dalle denunce, fino a scendere in piazza per contrastare questa deriva pericolosa per le donne e per i/le minori.
Questa sentenza è agghiacciante perché per la prima volta viene esplicitato in una sentenza di affidamento dei figli che la condanna penale (in secondo grado) per maltrattamenti in famiglia e violenza assistita è irrilevante nel decidere chi sia il genitore più idoneo.
Noi centri antiviolenza chiediamo da anni che penale e civile si parlino perché un uomo violento non può essere e non è mai un buon padre.
Questa sentenza normalizza la violenza maschile contro le donne, la nasconde e allo stesso tempo la legittima e colpevolizza ulteriormente le donne che vengono giudicate perché si sono permesse di denunciare. Questa si chiama vittimizzazione secondaria ed è vietata dalla Convenzione di Istanbul che è legge italiana!
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