Violenza domestica: la Corte europea dei diritti umani condanna l’Italia per non aver protetto madre e figlio dalle violenze del marito
Con la sentenza del 3 marzo 2017 nel caso Talpis (n. 41237/14) la Corte europea dei diritti umani (CtEDU) ha stabilito che le autorità italiane hanno fallito nel proteggere la ricorrente e suo figlio dagli episodi di violenza perpetrati dal marito, culminati nella morte del figlio e nel tentato omicidio della stessa ricorrente, non essendo queste intervenute in maniera tempestiva in relazione alle richieste di aiuto della donna.
La CtEDU ha accertato una violazione dell'art. 2 CEDU (diritto alla vita) in ragione della morte del figlio diciannovenne della ricorrente e del tentato omicidio della donna; dell'art. 3 CEDU (divieto di trattamenti inumani o degradanti) in ragione del fallimento delle autorità italiane nel proteggere la signora Talpis dagli episodi di violenza domestica; e dell'art. 14 CEDU (divieto di discriminazione) in relazione agli artt. 2 e 3 CEDU.
In particolare, la CtEDU ha accertato che non essendo intervenute tempestivamente in seguito alla denuncia presentata dalla signora Talpis, le autorità italiane hanno privato tale richiesta di aiuto di qualsiasi effetto, contribuendo a creare una situazione di impunità che di fatto ha propiziato la reiterazione degli atti di violenza culminati nel tentato omicidio della ricorrente e nella morte del figlio. Secondo la Corte di Strasburgo, quindi, le autorità non hanno adempiuto al loro obbligo di proteggere la vita delle persone coinvolte.
Secondo la CtEDU inoltre, la gravità del clima di violenza in cui la signora Talpis e i suoi figli hanno vissuto, congiuntamente alla passività giudiziaria dimostrata dalle modalità con cui le autorità hanno condotto il procedimento penale a carico del marito, possono qualificarsi come trattamenti contrari all'art. 3 CEDU.
Infine, la Corte di Strasburgo ha accertato che la signora Talpis è stata vittima di discriminazione in quanto donna in ragione dell'inerzia che ha caratterizzato l'operato delle autorità nazionali, le quali hanno sottovalutato gli episodi di violenza di cui la donna era stata vittima, di fatto condonandoli.
Secondo la CtEDU, la gravità del problema della violenza domestica e della discriminazione nei confronti delle donne in Italia trova riscontro nei rapporti del Relatore speciale delle Nazioni sul tema della violenza contro le donne e del Comitato CEDAW. Secondo la Corte, i dati statistici dimostrano, da un lato, che la violenza domestica riguarda principalmente le donne e che, nonostante le riforme attuate, un numero rilevante di donne muore assassinato dal compagno o dal loro ex compagno; dall'altro che in Italia le attitudini socio-culturali di tolleranza nei confronti della violenza domestica persistono.