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Lasciateci camminare in pace - esperienze di #cat-calling

12 Luglio 2021

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Cat-calling è un termine creato dalla fusione delle parole “cat” (gatto) e “calling” (chiamare), che può essere tradotto in italiano con “molestie verbali in strada”. Tali molestie sono rivolte prevalentemente alle donne* da parte di uomini, quasi sempre sconosciuti. 

Il cat-calling è una forma di violenza così diffusa nella nostra società da essere considerata innocua, sia da parte di chi ne fa esperienza sia di chi la mette in atto. Tale fenomeno comprende attenzioni non consensuali e indesiderate, come: commenti, gesti, fischi, strombazzi e avance sessuali in aree pubbliche quali strade, centri commerciali, mezzi di trasporto e parchi. 

Il fenomeno è in crescita e condiziona molte donne nella loro vita quotidiana, non facendole sentire libere di camminare per strada e indossare ciò che vogliono e arrivando a farle sentire in pericolo.

Le molestie di strada non sempre includono azioni o commenti con connotazione sessuale. A volte prevedono anche insulti omofobici, transfobici e altri commenti che fanno riferimento a etnia, religione, classe sociale e disabilità. 

Il Centro Veneto Progetti Donna ritiene che il cat-calling, lontano dall'essere un comportamento innocuo (un apprezzamento, una lusinga, un complimento), sia una vera e propria forma di violenza che affonda le sue radici nell'oggettificazione, nella sessualizzazione dei corpi delle donne e nella disparità di potere tra i generi. 

Vogliamo denunciare e rendere visibile questa violenza così da poterla combattere. 

Se vuoi aiutarci, o semplicemente hai voglia di mettere nero su bianco le tue esperienze, compila questo questionario - in forma totalmente anonima - relativo a questa violenza, così potremo insieme sensibilizzare e creare consapevolezza sul cat-calling. 

https://docs.google.com/forms/d/17BQs47t69-pHIH_EItzd2MtRNl-BAZ7dzXpgJj9dtIE/edit?usp=drive_web

 

Le vostre testimonianze

  • La prima volta ero bambina, era una sera d’estate e c’era ancora luce. Ero caduta pattinando e si sono avvicinati in due chiedendo come stavo; pensavo fossero veramente preoccupati per la mia caduta, ho risposto dicendo che non mi ero fatta male e li ho ringraziati, loro però hanno iniziato a chiedermi se volevo salire a casa da loro, se ero lì da sola, dove abitavo.. Avevo 7 anni, loro ne avranno avuti 25/30. Ho risposto che abitavo lontano da lì e me ne sono andata, ero spaventata e sono tornata davanti al ristorante dove c’era mio padre fuori che fumava, gli ho detto cosa era successo e lui mi ha risposto “eh vabbè non è successo niente dai”.. Io avevo paura, ma sentendomi sminuire così ha fatto sì che non ne parlassi più con nessuno. A distanza di 20 anni sento ancora un senso di fastidio e pericolo se passo in quella zona da sola.
  • Uno degli episodi più spiacevoli forse: ero in tram, avrò avuto 18/19 anni circa, andavo verso il conservatorio. Avevo un polso fasciato causa tendinite ed un uomo dopo aver insistentemente cercato la mia attenzione a suon di “ehi bella/biondina girati” e simili, mi si avvicina e mi prende il polso fasciato accarezzandolo. Io cerco di spostarmi ma sono impietrita, la gente attorno tace. Gli dico di togliersi di torno ed un altro uomo sentenzia “eh ma se sono così acide quando uno è gentile, per forza che restano zitelle”. Sono scesa a metà strada tremando.
  • Ricordo una volta tra tante, a 16 anni, andando in centro il sabato per raggiungere un'amica, come ogni volta mi passano accanto due o tre uomini credo nordafricani e iniziano a squadrarmi e commentare. Io già prima di vederti mi ero irrigidita, da li ho realizzato che ero così abituata che al solo uscire per fare quel tratto ero tesa e evitavo di pensare ai fatti miei per guardarmi intorno finché non ero in centro in mezzo alla gente.
  • Due anni fa ero andata a correre in un noto parco della mia città, in pieno giorno. A un certo punto mentre passavo un uomo sulla cinquantina fa un commento sul mio aspetto (non ricordo esattamente cosa abbia detto), io, stanca, mi sono voltata e gli ho mostrato il dito medio. L'uomo ha iniziato a urlarmi che ero una puttana e a rincorrermi. Sono scappata più velocemente che potevo senza voltarmi e poi ho dovuto chiamare il mio ragazzo perché venisse con me fino a casa perché avevo troppa paura di rincontrare quell'uomo. Non ho mai più risposto a una molestia verbale
  • Una volta andai in un bar a trovare una mia vecchia conoscenza. Ero seduta ad attendere che finisse il turno di lavoro. Ad un certo punto entrò un signore sulla sessantina, lei mi disse di evitare di parlarci perché era un cliente fisso un po "strano". Lui all'entrata mi notò subito e mi vide parlare con lei. Sapendo lei fosse lesbica mi chiese subito se lo fossi anche io e se ero andata lì per uscire con lei. La sua domanda così diretta mi fece sentire già a disagio ma gli risposi comunque dicendogli fosse un'amica. A quel punto cominciarono una serie di domande sempre più dirette e intime. Mi chiese se fossi lesbica, cosa mi piacesse delle donne, se mi piacesse il loro seno e le altre loro parti (utilizzò termini come "vagina", ben precisi). Mi chiese cosa mi piaceva fare a letto con le donne, sempre in modo molto specifico (ad es.ti piace te la lecchino?). Mi chiese poi cosa non mi piaceva dello stare con un maschio visto che la penetrazione, fosse essa con le dita o con un pene non era diversa. Mi disse che forse non avevo trovato l'uomo giusto che sapesse fare cose a letto che potevano davvero piacermi come quelle che mi poteva fare una donna. Andò avanti in questo modo per più di mezz'ora. Fu la più lunga della mia vita. Ricordo la nausea e la voglia di correre via ma ricordo di essere rimasta immobile ad ascoltare e talvolta dire in modo molto calmo: "non voglio rispondere", "non sono cose che voglio dirle" ma ovviamente senza essere ascoltata.
  • Durante un viaggio a Roma, con la nonna e le mie cugine. Tredici anni. Mi era già successo un episodio di “manomorta” in autobus, e avevo scoperto che dovevo guardarmi sempre alle spalle nei bus affollati. Quella volta però l’esperienza fu un po’ diversa. Eravamo andate e aTivoli, per visitare Villa Adriana. Oh, non era stata restaurata, era più che altro una vasta rovina, ma emanava un grande fascino. Mi ero allontanata dalla nonna e dalle cugine, per assaporare la solitudine e la grandiosità che si respiravano in quel luogo. Mi ero seduta su una panchina all’ombra di un grande albero. Si avvicinò un tizio (fatico a definirlo “un signore”) di mezza età, ben vestito. Si sedette vicino a me. Mi sentii subito invasa nella mia intimità, per il solo fatto che si fosse seduto vicino a me. Allora non capivo il senso di questo fastidio e contemporaneamente di allarme, ora so che abbiamo un senso dentro di noi che, almeno qualche volta, ci fa percepire un pericolo. Mi disse che voleva accarezzarmi i capelli. Fu con un senso quasi di panico e di nausea che mi alzai dalla panchina e me ne andai con il cuore in gola per la paura che si alzasse e mi seguisse. Naturalmente ci furono molti altri episodi analoghi, simili, diversi … Ora la mia età e un certo cambiamento nella mentalità di molti, mi mettono al riparo dalle molestie di questo genere, anche se mi rendo conto che potrebbe ben capitare ancora, che capita ancora. Per fortuna da qualche anno non più a me
  • Avevo 13 anni e stavo aspettando degli amici in centro alla fermata dell'autobus di sabato pomeriggio, appoggiata al muro di un edificio. Molte persone passavano a piedi davanti a me sul marciapiede. Stavo guardando a destra quando qualcuno passando mi ha accarezzato la guancia sinistra e mi ha contemporaneamente detto qualcosa come "Ciao bella!". Era un ragazzo giovane ma più grande di me, sembrava maggiorenne almeno. Non ho potuto evitarlo perché non l'ho visto in tempo. Mi sono immobilizzata, ero terrorizzata, spiazzata e impreparata, aveva invaso il mio corpo. Solo la mia famiglia mi aveva accarezzato le guance prima. Nessuno ha detto o fatto nulla. Ho parlato della brutta esperienza ai miei amici quando sono arrivati ma mi hanno ignorata. Ho iniziato a non sentirmi più al sicuro vicino ad estranei. Ancora oggi preferisco evitare luoghi affollati in cui non posso controllare le distanze dagli altri. Con il tempo e altre esperienze ora evito anche i luoghi deserti…
  • Non c'è un episodio particolare, sono tanti piccoli episodi che a ricordare accendono ancora rabbia e delusione. 
  • È successo l’altro giorno. Racconto questo perché è l’ultimo che mi è capitato, non perché sia stato necessariamente il peggiore. Stavo camminando per strada, quando dall’altro lato sento un “ehi rossa!” urlato ad altissima voce, seguito da un “ma che figa”. Non ho risposto e ho continuato a camminare. Il tizio in questione ha continuato ad urlarmi contro, dicendo “potresti dire grazie! Prego eh”, finché non mi sono voltata e l’ho fulminato con lo sguardo. Ci fa sentire come se fossimo costantemente in vetrina e come se valessimo solo per il nostro corpo. E ci fa sentire come se gli apprezzamenti che riceviamo e che non chiediamo siano pure qualcosa per cui dovremmo essere grate. Perché gli uomini pensano di farci un complimento, e non di farci sentire come se fossimo solamente un corpo che cammina e sul quale tutti possano mettere le mani e gli occhi. Aberrante 
  • Non so se sia stata la prima volta in assoluto (probabilmente no), ma è la prima che ho vissuto male. Avrò avuto 14/15 anni, le prime uscite con i compagni di classe. Emozionata, ho indossato un bel vestito verde brillante e vaporoso, mi sentivo bellissima. Poi mentre mangiavo un cono gelato ricordo tra la folla un signore sulla cinquantina che mi ha guardata e ha urlato "ma guarda che bella fatina" in un modo viscidissimo, e mi ha seguita con lo sguardo mentre mi allontanavo. È stata la prima volta che mi sono sentita violata della mia leggerezza.
  • Una sera stavo tornando a casa in bici, era estate e sarà stata l’una di notte o poco più. Passo davanti ad un hotel vicino la mia via e un uomo seduto lì al bar mi urla qualcosa del tipo “ehi bella”, sembrava che avesse bevuto abbastanza. Un altro uomo era lì davanti fermo in macchina, palesemente ubriaco. Mi vede passare e sbiascica qualcosa urlando, il suo sguardo era viscido. Da quel momento mi è sembrato che avesse iniziato a seguirmi in macchina, forse era semplicemente la strada che doveva percorrere, ma era la stessa che dovevo fare io e ricordo di aver pedalato velocissima con il cuore in gola fino a casa, che per fortuna, era due vie più il là. Mi sono sentita in pericolo.
  • Il fatto che più mi ha colpita è stato quando in una località di mare In Veneto stavo camminando su un marciapiede con una mia amica ed è passata una macchina. Alla guida c'era un uomo e nel sedile del passeggero un bambino. Il bambino ha sporto la testa dal finestrino e ci ha fatto catcalling urlando. Ci siamo molto interrogate sul fattore culturale, sull'insegnamento e su come il catcalling sia normalizzato e appreso.
  • Avevo 12 anni e camminavo con le mie amiche per le strade del mio paese. Era domenica pomeriggio. Un ragazzo in motorino ha iniziato a seguirci. Noi eravamo ferme ad accarezzare un cane a un cancello, questo ragazzo si è fermato ed è sceso dal motorino senza togliere il casco e gli occhiali da sole. Si è avvicinato a me e ha detto: “lo sai che hai un bel culo?”, poi mi ha accettata con un braccio e con l’altro mi ha toccata. Un mia amica ha tentato di farlo andare via, l’altra ha iniziato a urlare, io ho sfilato la manica della giacca che mi teneva, lui è rimasto con la giacca in mano. Sono scappata e lui ha fatto lo stesso. A casa mio padre non mi ha difesa per nulla, ha dato la colpa alla gonna che indossava e ha ipotizzato e che io e le mie amiche fossimo in giro a fare le stupide. Per molti mesi ho avuto il terrore ad uscire di casa. Altre volte e’ capitato che ragazzi per strada facessero commenti e ho sempre avuto molta molta paura.
  • Le mie esperienze sono poche, ho avuto a che fare con fischi, clacson e qualche commento. A causa di questo però ho diminuito le uscite da sola, anzi, le ho proprio eliminate e se devo uscire mi faccio accompagnare da qualcuno. Sembra una cosa da niente, ma in realtà influisce sulla vita quotidiana
  • Non so se rientri nella categoria catcalling, ma tutti i numerosi episodi di esibizionismo  da maschi in macchina o nei negozi, sono particolarmente fastidiosi. 
  • Sono stufa di questa violenza diaria ed a volte sento che sono io che ho la fissazione, ovviamente no, i "malati" sono loro. Mi piacerebbe moltissimo passare una settimana senza che nessuno mi dia la sua opinione sul mio corpo. 
  • Ero in quarta superiore, andavo a scuola in bicicletta e quella mattina avevo deciso di indossare una gonna. Per evitare problemi di sollevamento o spostamento della gonna avevo indossato dei pantaloncini sotto. Mentre stavo pedalando, un ragazzo in macchina si è affiancato e mi ha urlato dietro qualcosa, riferendosi al fatto che avevo messo quella gonna per sentire meglio il sellino della bici sulla fig*, poi mi ha deriso, ha accelerato e se ne è andato. Ho rimosso le esatte parole che ha utilizzato, e penso di averlo fatto per il mio bene. Ricordo che mi sono sentita profondamente umiliata, ho pianto e non ho mai parlato di quell’episodio a nessuno. Non ho più indossato una gonna sopra le ginocchia. Non so dire se a causa di questo episodio o altro. Oggi, a distanza di molti anni, so che non stavo facendo nulla di male, che non dovevo essere io a provare vergogna. Quel giorno mi ero vestita così perché volevo sentirmi carina, perché stavo bene.  Non è goliardia. È violenza. 
  • Il peggiore è stato all'età di 12 anni sul lungomare in agosto. Stavo passeggiando per andare a prendere un gelato con la mia amica coetanea e siamo state importunare con pesanti apprezzamenti sul nostro corpo e inviti a salire in macchina con loro. Per fortuna si sono limitati alla fase verbale. Da allora non ho più indossato una minigonna e mi sono infagottata per lungo tempo. Il secondo episodio significativo è di anni dopo, già 25enne nel periodo di uscita di un film di Verdone in cui il personaggio era un "truzzo" che importunava le ragazze per strada con "ti ci hanno mai cliccato sul culo?". In quel periodo è successo due volte a me (compresa pacca sul culo al semaforo) e ho raccolto testimonianze da molte conoscenti su episodi simili. Lo scopo di Verdone mi pare fosse diverso, ma il risultato è stato pessimo. Anche lì la rabbia è stata tanta. 
  • Una volta sono stata seguita per strada da due ragazzi che continuavano a commentare il mio corpo. Mi hanno seguita sul tram, quando sono scesa. Per riuscire a sfuggire sono dovuta entrare in un bar e aspettare che se ne a andassero. Ho avuto molta paura.
  • Quando ero ancora minorenne, con lo zaino in spalla stavo aspettando che arrivasse a prendermi mio papà con la macchina ed ero sul ciglio della strada statale. Un camion mi suona il clacson in pieno giorno, era un cinquantenne con una camicia bianca e aveva un sacco di croci appese ovunque nel suo abitacolo. Subito non capivo, era una situazione così assurda, non mi era mai capitato e non ne riuscivo a capire il motivo. Quando ho iniziato a realizzare il significato di ciò che era accaduto mi sono sentita tremendamente sporca, soprattutto (credo) perché era successo davanti a tutte quelle persone, in una strada trafficata e la mia preoccupazione era che avessero sentito il clacson.
  • Quando ero in periodo pre-adolescenziale e i miei seni si stavano facendo più pronunciati, mio zio, vedendomi in canottiera un giorno d'estate, ha sottolineato la cosa davanti ai miei genitori.
  • Milano, aprile 2021. Ero a camminare lungo la Martesana, nella parte finale della ciclopedonale, molto isolata. Completamente sola. Indossavo dei pantaloni lunghi aderenti e un giacchino a maniche lunghe da uomo, informe. Avevo gli auricolari nelle orecchie ed ascoltavo un podcast. Arriva dalle mie spalle questo gruppo di tre uomini in bicicletta, due più giovani e uno più vecchio, che apparentemente si recano a fare un qualche tipo di lavoro manuale (scarpe antinfortunistica, magliette e pantaloni sporchi di vernice e/o calce). Quando mi sono accanto rallentano e uno dei tre mi apostrofa con "complimenti alla mamma" (sono orfana di madre, tra l'altro). Io tolgo un auricolare e rispondo che non è molto cortese apostrofare una ragazza sola per la strada. Quello che dei tre ha parlato mi dice che è solo un complimento (aridaje!) e che se non lo so apprezzare è ora che smetta di tirarmela e mi renda conto che "non ce la ho solo io al mondo".  Mi ostino a non rispondere e guardare dritto di fronte a me mentre loro procedono pochi metri più avanti, quasi a passo d'uomo. Erano tre, in bici, e io ero da sola. Sempre lo stesso uomo bercia qualcos'altro e interviene il più anziano che sollecita ad andare a lavoro. Pedalano più energicamente e se ne vanno.
  • Di episodi ce ne se sono molti, mi vengono in mente dei flash, ad esempio mentre baciavo la mia ragazza, mi è stato detto che facevo schifo, o ancora che ero figlia del demonio e che avevo Satana dentro, sono stati fatti commenti a lei e all'assenza di reggiseno sotto una normalissima maglietta. Oltre ai soliti fischi, apprezzamenti su determinate parti del mio corpo, o sguardi di disgusto perché passeggiavo mano nella mano con lei. La maggior parte delle volte non mi sono sentita al sicuro/tutelata nel manifestarle affetto in pubblico. Così come non mi sento al sicuro nel vestirmi come desidero nella mia quotidianità.
  • Avevo 15 anni e stavo aspettando il bus alla fermata. Erano le sei, ma era inverno, per cui era già buio. Un ragazzo da lontano inizia a farmi “complimenti”, poi si avvicina e con modo apparentemente tranquillo mi inizia a fare domande, continuando ad affermare quanto fossi una bella ragazza. Con il corpo, ricordo benissimo, si era piazzato davanti a me, bloccandomi contro il muro. Si stava offrendo di accompagnarmi a casa, mi ha invitata a lasciargli il numero insistendo al mio rifiuto con “tranquilla, non ti faccio niente”. Per fortuna ad una certa arriva anche una coppia ed io riesco ad andare da loro, spiegare la situazione e ricordo benissimo che mi hanno risposto “tranquilla, resta pure qui con noi, ora sei al sicuro” e mi sono effettivamente sentita più al sicuro. Ho preso l’autobus e sono stata tutto il tempo con loro, ma ero così terrorizzata che mi sono fatta venire a prendere anche alla fermata dell’autobus che si trova letteralmente sotto casa mia.
  • In bus, un signore anziano, dimenticandosi di spegnere il volume del cellulare, mi ha fatto una foto al sedere. Quando ho sentito il rumore della foto che veniva scattata, mi sono girata e lui aveva ancora il telefono puntato verso l'obiettivo. Il tram era pieno di gente; nessuno ha fatto o detto nulla. Io avevo 15 anni, e fino ad allora non mi ero mai preoccupata della possibilità di esperienze di questo tipo. Solo dopo tre anni ho realizzato cos'era successo
  • Non si tratta di catcalling vero e proprio ma è sicuramente una molestia a tutti gli effetti. Nel mio quartiere ci conoscevamo praticamente tutti e io, mia cugina e le nostre vicine di casa/amichette uscivamo sempre a giocare in una piccola piazzetta davanti a casa nostra, un punto in cui tutti i nostri genitori potessero controllarci da casa. Avevamo in media 10/11 anni. Un giorno iniziamo a renderci conto che un nostro vicino (un uomo olandese, lo specifico perché servirà dopo) gira spesso nudo per casa e tende a fermarsi davanti alla porta d'ingresso o davanti alle finestre per farsi notare. Inizialmente prendiamo la cosa sul ridere, siamo in tante e lo prendiamo in giro per questa situazione inusuale, ma con il passare del tempo ci rendiamo conto che oltre a questo strano rito quest'uomo resta a fissarci e si tocca. A questo punto, con molta vergogna devo dire, raccontiamo tutto ai nostri genitori, cercando anche di scattare delle foto per provare quel che dicevamo (ma con i telefoni di 15 anni fa era praticamente impossibile). Mia madre, mio padre, i miei zii ci credono. Ci vietano di andare a giocare nella piazza in cui uscivamo sempre e cercano di farci stare in posti in cui quest'uomo non potesse vederci, nonostante non avessimo prove e nessun potesse denunciare questo maniaco perché non c'era del materiale sufficiente a parte la parola di 6 bambine di 10 anni. Una coppia di genitori di una nostra amica giustifica l'uomo dicendo "è olandese, non fateci caso, da loro è normale", giustificando un comportamento non solo schifoso ma anche perseguibile penalmente. Questo signore tutt'ora, dopo anni e anni da queste vicende, vive nel mio quartiere come se nulla fosse. 
  • L’anno scorso ero in centro a Padova a sbrigare delle faccende. Ero vestita pesante (era inverno) e avevo raccolto i capelli in una treccia. Dei ragazzi che lavoravano in alcune bancarelle hanno iniziato a fischiare, urlare, in particolare hanno esordito con “ehi Angelina, ehi Lara Croft (per via della treccia che ricordava appunto il personaggio di Lara Croft), vieni qui che ti do la pistola” . Io terrorizzata ho continuato a guardare davanti e ho fatto finta di niente. Mi ha fatto male il fatto che tutto ciò sia avvenuto in mezzo alla gente che passeggiava tranquillamente, come se fosse una cosa talmente radicata da essere normale. Mi ha fatto male il commento degli amici e della famiglia che mi hanno detto di considerarlo un complimento e ancora di più quelli che mi hanno “liquidata” dicendo che non riescono ad immedesimarsi nella situazione. Non servirebbe nemmeno immedesimarsi, basterebbe avere rispetto e ascoltare chi dice che è una cosa sbagliata. Odio non avere fiducia nelle persone, ma è la verità, gli uomini mi hanno deluso in tutti i modi in cui potevano farlo.
  • La prima volta avrò avuto 12 o 13 anni, avevo deciso di indossare una maglietta un po' attillata, per la prima volta avevo un abbigliamento che metteva un po' in risalto il seno che cominciava a crescere. Me ne sono pentita subito perché ai giardini pubblici sotto casa mi sono sentita 'assaltata dagli sguardi' di giovani uomini che cercavano di attirare la mia attenzione per esprimere apprezzamenti che non gradivo affatto
  • Ho subito catcalling moltissime volte. Ricordo in particolare che una sera, mentre tornavo a casa da sola (poichè ho dovuto parcheggiare lontano) avevo telefonato al mio ragazzo per tenermi compagnia. Nonostante questo due ragazzi in bicicletta hanno iniziato ad urlarmi frasi del tipo “ehi bella, ti accompagniamo noi, adesso veniamo con te” eccetera, accompagnate da fischi ed epiteti vari. Ero terrorizzata, per fortuna non mi hanno seguita, ma in quei momenti davvero la paura è tantissima.
  • Tornavo da lavoro, erano le 22.30 (faccio la giornalista, si finisce tardi). In strada c’era un gruppo di ragazzi, una decina. Non potevo cambiare direzione. Li ho attraversati, hanno fatto commenti, gesti volgari. Due di loro mi hanno seguita fin sotto casa, ho avuto paura che volessero farmi del male e ho chiamato il mio ragazzo. Quando lo hanno visto arrivare se ne sono andati 
  • Un tizio che gira in bici per il paese tempo fa, ogni volta che mi incontrava a spasso con il cane mi faceva commenti anche molto pesanti, del tipo “vorrei essere io al posto del tuo cane per essere portato al guinzaglio”. All’inizio stavo zitta e facevo finta di nulla. Poi mi sono stancata e prima di ho detto di smettarla e successivamente gli ho detto che l’avrei denunciato. Un signore che mi conosce e ha assistito alla scena deve avergli detto qualcosa. Da quel giorno non mi guarda nemmeno. 
  • La prima volta che ho preso coscienza di ciò che era davvero il cat calling: a Pasqua 2021, nei primi giorni di bel tempo, indosso un vestito e faccio una passeggiata con una mia amica anche lei in vestito d'estate, e 2 maschi ci seguono per 5 /10 minuti chiamandoci così per tutta la strada. Era una delle prime volte che indossavo un vestito leggero qui in Italia da quando ci vivo, e da allora ogni giorno che ne indosso uno non posso fare a meno che pensare a questo episodio in cui c'era di certo una rabbia mastodontica ma anche una grande paura, nonostante il fatto di essere accompagnata e in zona con tanta gente attorno
  • Mi hanno inseguita sino a casa, ero un adolescente...oltre a molestie verbali...sono passati a mostrare i genitali
  • Poche sere fa all'ora di cena (20.30) dopo aver passato qualche ora con amici,  stavo tornando a casa che è a pochi passi, a piedi da sola , quando un uomo in bicicletta mi si avvicina chiedendomi ripetutamente se volevo fare sesso con lui , io gli ho ripetutamente risposto di no, che non ero assolutamente interessata in modo inequivocabile, ma lui non demordeva. Perciò, nel tentativo di seminarlo, liberarmi da questa presenza insistente ed asfissiante, sono entrata nella pizzeria da asporto di fiducia (che è lungo il percorso di rientro a casa) dove i gestori mi conoscono e capendo la situazione, in un primo momento sono rimasti con me ad osservare il tizio molesto dalla vetrina, che si era piazzato lì davanti ad aspettare che io uscissi, poi, visto che il tizio non dava segno di volersene andare ,uno dei ragazzi della pizzeria è uscito sulla soglia, senza dire niente o fare gesti si è piazzato all'entrata, solo in quel momento il tizio molesto ha perso interesse e se ne è andato.
  • In pieno giorno, ero in piedi alla fermata dell'autobus in una zona abbastanza trafficata. Un camioncino con 3 operai passa davanti alla fermata suonando il clacson e gli uomini all'interno fischiano e richiamano la mia attenzione. Sono abituata a non alzare lo sguardo quando sento un clacson dato che molto spesso si tratta di episodi di cat-calling. Quindi ho continuato a guardare il telefono ignorandoli e ho lanciato uno sguardo solo quando già erano passati. 
  • Non mi va di raccontarlo, ma grazie per questo questionario.
  • Quasi tutti giorni senti un bella, mamma mia, vieni qui, ecc. Sempre di un maschio che credi di avere il diritto di dire quello che vuole a chiunque donna/ragazza, senza neanche pensare nella paura, scomodità e rabbia che sicuramente sta sentendo la persona che riceve questi commenti...Basta di sentirti libero e pieno di potere per dire quello che vuoi, quando vuoi, dove vuoi e a chi vuoi. Non siamo oggetti
  • Avevo 19 anni, era circa mezzanotte e mezza lungo la grande via di casa mia. Mi avevano accompagnata a casa in auto lasciandomi per comodità al lato opposto della strada rispetto al mio cancello di casa. Scendo dall’auto, attraverso la strada da sola nella via silenziosa e illuminata dai lampioni. Una macchina si ferma al semaforo per farmi passare. Mi avvicino al cancello di casa mia e sento il rumore del finestrino di quell’auto che si abbassa alle mie spalle. Ero rimasta da sola in quella strada con quell’auto ferma dietro di me. Cerco la chiave facendo finta di niente. Scatta il verde per la macchina ma questa non parte al semaforo, non continua la sua strada. Rimane lì ferma a pochi metri da me. Mi sento puntata, scelta come preda. Il silenzio assordante viene rotto da una voce maschile che inizia a chiamarmi come fossi un cagnolino fischiandomi e letteralmente poi usando il cat-calling come richiamo dicendomi “vieni qui”. Proprio come si dice a un tenero animaletto da compagnia. Riesco ad afferrare le chiavi e ad azionare l’apertura del cancello automatico di casa. Entro. Sono arrabbiatissima ma per stasera salva, penso.
  • Racconto il primo episodio che ricordo in cui il cat-calling ha superato la sua sottile linea di definizione:  È successo quando avevo 15 anni, in piena estate e mentre andavo alle tre e mezza del pomeriggio da una professoressa di ripetizioni per superare il fatidico debito di settembre. Ricordo purtroppo come ero vestita perché prima di uscire di casa mia zia cercò di insistere  per farmi accompagnare da mio zio "perché era pericoloso a quell'ora e su quella strada così vestita". Avevo dei leggins e una canotta. E quella segnalazione sul vestiario mi turbò per molto tempo. Mentre camminavo, oltretutto su una delle strade più trafficate della mia città, da una macchina bianca sento dei fischi e delle urla di un uomo, così io aumento il passo ma la macchina rallenta sempre di più fino ad accostarsi a me e seguire la mia andatura. La mia risposta è stata quella di ignorare, di continuare a camminare ed ignorare; la sua invece quella accelerare, fermarsi qualche metro davanti a me e scendere dalla macchina. Nell'arco di non so quale frazione di secondo il suo pene era fuori dai pantaloni e la sua mano sulla mia per cercare di farmelo toccare. In quell'istante davvero non so come, l'ho spinto con tutta la mia forza e ho cominciato a correre e urlare fortissimo fino al primo portone che ho incontrato aperto, lì ho chiamato la mia professoressa che mi venne a prendere trovandomi in lacrime. Non l'ho mai raccontato a mia zia, nè ai miei genitori.
  • Stavo camminando da sola, tardo pomeriggio, estate. La strada in quel punto è un lungo rettilineo, io ero sul marciapiede. Un tipo, che non ho riconosciuto, ha iniziato a suonare il clacson da 200m prima di me a quando non è scomparso dietro la curva. Suonava in modo frenetico, agitato e compulsivo. Subito mi sono guardata intorno per vedere se ci fosse qualcuno a cui chiedere aiuto perché avevo paura che si fermasse e tornasse indietro. Mi chiedo a cosa pensi la gente quando suona il clacson per "apprezzare" una ragazza, mi viene il voltastomaco a pensare che lo facciano per apprezzarci. Ci sono addirittura ragazze che si sentono lusingate quando qualcuno suona loro il clacson. Che ribrezzo.
  • Era tardo pomeriggio e stava cominciando a fare buio. Stavo tornado a casa passando per il viale condominiale che porta ai parcheggi del mio plesso abitativo, quando questo condomino mi chiama. Era una persona conosciuta, nel senso che mi aveva sempre salutato e che quando mi incrociava mi faceva le classiche domande di cortesia sulla scuola, sullo sport e simili. Una volta, da più piccolo, mi aveva fatto anche fare un giro dietro di lui sullo scooter, lungo quello stesso viale che stavo percorrendo in quel momento, ma nulla più di questo. Mi avvicina chiedendomi come va con la scuola e con noncuranza mi mette un braccio attorno alla spalla, mentre con l'altra mano comincia a toccarmi i genitali da sopra i pantaloni della tuta. Io, che avevo le mani dentro le tasche, provo a frapporle alla sua da sotto, ma lui continua e comincia dirmi di venire a giocare da lui. Io non rispondo e lui comincia a scherzare dicendomi che però non dovevo deluderlo e dovevo venire a giocare con lui, che ci teneva e che si sarebbe dispiaciuto se non fossi salito in casa. Al che, molto agitato, riesco a togliermi il suo braccio dalle spalle e mi allontano. Era già capitato che un altro paio di volte in situazioni simili mi avesse toccato di sfuggita nello stesso modo, ma avevo creduto fosse un suo modo di scherzare e non era mai stato così insistente. Ho deciso di parlare coi miei genitori, ma non potendo provare nulla di quanto accaduto, loro non hanno potuto fare molto, se non dire a quell'uomo che sapevano cosa aveva fatto e che la cosa non doveva ripetersi mai più.
  • Ero una studentessa universitaria fuori sede a Padova. Percorrevo con la bici la zona attorno a Prato della Valle per incontrarmi a metà strada con una collega di servizio civile per andare a trovarne un'altra che era ricoverata in ospedale. Sento un motorino dietro di me che si avvicina sempre più, sento chiamare. Continuo a pedalare, pensando che forse non ce l'aveva con me (era pomeriggio,tanta gente nella piazza) ... O forse mi voleva avvertire che qualcosa non andava nella mia bici? Niente, urla più forte ed improvvisamente mi blocca la strada, parandosi davanti alla bici, costringendoli a frenare di colpo. Inizia a chiedermi come mi chiamo, che ci faccio lí, se sono single. Rispondo che sto aspettando un'amica e andando all'ospedale, visto che non molla cerco di rigirare il discorso e chiedergli quale sia la strada più veloce per raggiungerlo. Ma dice che non crede stia aspettando un'amica, e che lui DOVEVA fermarmi, doveva provarci. Io provo a ripartire, ma continua a bloccarmi la bici. Per fortuna arriva la mia collega che si avvicina e chiede chi è, lui rimane basito e noi due possiamo ripartire.  Non ho detto alla mia collega cosa stava succedendo veramente, forse le ho detto un generico " Il tizio rompevarompeva". Poi non ho mai raccontato l'episodio nello specifico. Al momento ero spaventata, mi sentivo braccata, poi ho cercato di fare come non fosse successo. 
  • La prima volta avevo 11 anni! È stato orribile e mi sono molto spaventata
  • Ricordo i palpeggiamenti sul tram
  • Poche settimane fa una persona che non sono riuscita a vedere in volto camminava molto vicino a me e mi ha detto qualcosa in merito al mio aspetto fisico sotto voce, un sussurro, poi ha proseguito. Ogni volta che accadono queste cose riattivo scene più violente subite in altri contesti, e provo sensazioni molto brutte
  • Una sera come tante altre, stavo rientrando a casa in bicicletta quando una persona si avvicina (un uomo), anche lui un bici, e comincia a parlarmi. Io lo ignoro, ho le cuffie nelle orecchie e continuo ad ascoltare la musica. Lui non desiste, continua a parlarmi ed a pedalare accanto a me mentre casa mia si fa sempre più vicina. Non so se per la rabbia o per la paura che potesse vedere dove abitassi quella è stata l'unica volta in cui ho risposto. Mi volto verso di lui e gli dico in tono deciso: "senti, è tardi, sono stanca e voglio solo andare a casa. Ciao". Lui fa "l'offeso" e se ne va. Ricordo I giorni successivi di aver raccontato questo episodio alle mie amiche con orgoglio del tipo "io non ho paura di queste cose" ma la verità è che dentro ero terrorizzata. Terrorizzata dall'idea di ciò che sarebbe potuto succedere se non se ne fosse andato, se non avesse gradito la mia risposta. E da allora, ogni volta che mi capita ignoro e vado avanti come ho sempre fatto e questo mi fa tremendamente arrabbiare.
  • Lavoravo in un bar. Un giorno è entrato un cliente che ha iniziato a guardarmi in maniera insistente, a squadrarmi dalla testa ai piedi. Mentre gli spinavo la birra ha esordito "hai davvero un sacco di tette, per essere così magra". Non ho reagito, non sapevo che dire. Provavo una gran rabbia ma allo stesso tempo ero impietrita e avrei solo voluto trovarmi in un altro posto
  • In autobus affollato un uomo anziano mi si è strusciato addosso. Lo ricordo ancora con grande schifo sebbene siano passati quasi 50 anni 
  • La prima volta che ho subito cat calling avevo 12/13 anni ero con una mia amica e stavamo tornando a casa (abitavamo in un paesino "sicuro") una macchina ha iniziato a rallentare ci ha affiancato e quest'uomo ha iniziato a farci commenti volgari e dirci di salire in macchina. Dopo un po' si è stufato dei nostri continui rifiuti e se ne è andato ma è stato orribile. Non so cosa avremmo fatto se non se ne fosse andato.
  • Mi è successo talmente tante volte che non c'è un vero ricordo, di un episodio singolo. Le uniche volte in cui mi è rimasto qualcosa dentro è stato terrore, le rare volte in cui oltre a parlarmi mi hanno seguita per un po'. Il resto è un generico, abituale, interminabile disagio. Ma ormai è passato. Ho 40 anni, mi vesto da vecchia in campeggio, da anni non mi infastidisce più nessuno. È insieme un enorme sollievo e la rassegnata consapevolezza che se i maschi non ti guardano non esisti, nemmeno per essere trattata come una bistecca.
  • La mia risposta di solito è “ammazzati” e spesso innesca meccanismi di ulteriore attacco nei miei confronti con risposte tipo “stai calmina” “ma chi ti vuole” o anche “non è modo di rispondere ai complimenti” il problema è che non ci arrivano al fatto che sono tutt’altro che complimenti ma anzi mi fanno sentire a disagio e limitano la mia libertà una volta dopo aver risposto “ammazzati” un uomo mi ha pure seguita ma fortunatamente sono corsa ed entrata in palestra mentre lui è rimasto fuori, ho passato tutto l’allenamento a pensare che mi stesse aspettando fuori per aggredirmi ma per fortuna non è successo
  • Ho "convissuto" con la violenza da sempre, da quando ho ricordi della mia vita... Ogni forma, ogni aspetto... Non ho voglia di parlarne ora, qui, anche se in forma anonima. Con il tempo, gli anni e l'esperienza, ho imparato a gestire meglio le situazioni, a difendermi, a usare la mia voce (e il dolore) per aiutare altre donne. Lo faccio sempre, ogni giorno, ogni volta che ne ho l'occasione. Ho capito che non sono sola e adesso non ho più paura!
  • Durante una passeggiata un gruppo di ciclisti mi ha superata e uno di loro ha urlato di volermi mettere a 90. Io ho risposto che è stato maleducato e lui ha ribattuto dicendo che se non stavo zitta avrebbe potuto aprirmi le gambe e farmi vedere lui cosa riusciva a farmi. Il resto del gruppo rideva in sottofondo
  • Ti senti come se volessi giustizia, come se non accettassi il fatto che gli altri non ne capiscano la gravità. La libertà lesa è una cosa che fa schifo.
  • Ero ragazzina al bar con amiche molto affilato e uno mi prende il braccio e mi fa girare completamente e mi dice davanti a tutti " Ciao ti ricordi quella volta che siamo stati a letto insieme" io non sapevo cosa dire gli ho risposto tra le risate sei presenti "ma tu sei matto " e me ne sono andata. 
  • L'ultimo episodio è avvenuto circa due giorni fa in un bar del paese. Ero seduta con la mia amica la quale, a un certo punto, mi ha detto di sentirsi spoglia perché un uomo di circa 60 anni continuava a fissarci da quasi 30 minuti. Quando mi sono girata per verificare la cosa l'uomo ha cominciato a mandarmi bacini e a mangiarsi il labbro.  Ho provato un senso di schifo e di vergogna che se ci penso, mi viene da vomitare. 
  • Mi stavo cambiando in uno spogliatoio di un palazzetto dello sport dopo un'esibizione sportiva. Lo spogliatoio era semi-interrato e le finestre erano quindi "basse" viste da fuori. Una finestra era un po' rotta, ma io non me ne ero accorta. Me ne sono accorta perché un ragazzo ha gridato testuali parole "bionda, beato chi te sfonda“  proprio da quel pezzettino di finestra rotta. L'ho visto e mi sono nascosta. Sono stata malissimo. Io avevo solo fatto sport. Mi stavo cambiando con le mie compagne, tutto andava bene, nessuna aveva fatto niente di strano. E quell'intrusione mi ha dato un enorme fastidio. Mi sono sentita sporca anche se so benissimo di non avere colpe. Sono successi altri episodi poi, nella mia vita, una volta ho anche risposto con forza (temendo conseguenze). Ma l'episodio che ho raccontato mi ha fatto davvero male. Avevo credo 17-18 anni. 
  • Questo evento mi è capitato un mesetto fa. Ero in giro per Pd di mattina per fare una commissione, avevo poco tempo e sono uscita così come ero vestita, con una canotta, un pantaloncino e una coda spettinata. Ero in bicicletta, sono passata davanti ad un cantiere. C'era un camion che stava entrando dentro il giardino di una casa, così mi sono dovuta fermare per poi passare io. Quando il camion era quasi dentro, il signore che lo stava guidando mentre io passavo mi ha suonato il clacson e si è messo a ridere e fare commenti divertiti con i suoi amichetti colleghi. Mi sono spaventata per il suono, e mi sono innervosita per i loro modi. Sapevo che sarei dovuta tornare indietro da lì a pochi minuti e ho pensato di cambiare strada per non incontrarli. Questo pensiero mi ha fatto ancora di più arrabbiare. L'ignoranza degli altri mi stava condizionando .. e questo succede molto spesso 
  • Mi sento particolarmente disgustata quando ad agire il cat-calling sono uomini over 50. Mi dà fastidio anche quando sono coetanei, ma quando sono uomini così adulti mi sento ancora peggio. Mi è capitato di sentirmi dire da un 60enne "che bel sedere" o di vedere un altro over 50 tirare fuori la lingua quando passo, ed è qualcosa che mi spaventa, disgusta, e mi sconsola estremamente allo stesso tempo.
  • Sono in bici, bardata con giacca e mascherina, tornando a casa dal lavoro. Passo da una strada frequentata, in discesa, rallento per non andare addosso a 3 ragazzi che stanno camminando sulla ciclabile con le bici alla mano. Uno di loro mi dice ‘ciao bellissima, ciao amore’. Era l’ennesimo episodio e d’istinto, senza pensarci, ho alzato il dito medio al cielo. Non sapevo se mi avessero vista perchè camminavano nel senso contrario. Dopo pochi metri una bici si accosta alla mia, senza superarmi, e non capisco perchè. Mi volto ed è uno di loro che è salito in bici, per raggiungermi e dirmi in faccia ‘vaffanculo’. Per fortuna poi si gira e se ne va. Mi sono sentita impotente, frustrata. Perchè dopo anni a non reagire, l’unica volta che l’ho fatto mi sono messa più in pericolo di prima. È stata la conferma che una soluzione a questo, un modo di farci rispettare e reagire senza metterci in pericolo, non c’è.
  • Stavo camminando nei pressi della mia abitazione con il mio cane e una macchina con un uomo a bordo straniero ha rallentato e mi ha detto " dove va una ragazza così bella tutta da sola?vieni qua..come ti chiami?Io ovviamente ho ignorato e sono andata avanti tagliando per un parco, successivamente quando sono uscita dal parco ho trovato quella macchina che mi seguiva e ogni volta che la vedevo cercavo di farle perdere le tracce.Alla fine sono riuscita a tornare a casa ���ma ho dovuto aspettare di avere il tempo tecnico x riuscire prima che mi vedesse di nuovo.
  • Una mattina andavo a scuola a piedi come il solito. Nel bar all’angolo stava seduto un ragazzo giovane che quando mi ha vista ha urlato “ Hey bella mi fai un pompino?”  Erano le 7.45 del mattino, nel cortile di un bar, pieno di gente (che non ha mosso un dito) , io avevo solo 14 anni e andavo a scuola. In silenzio ho girato la testa e me ne sono andata cercando di dimenticare.
  • Mentre passeggio per strada da sola capita spesso che uomini che non conosco mi guardino (anche nel sedere) e mi facciano apprezzamenti o fischino e io mi sento violentata, provo un senso di schifo, di vischido, mi sento sporca e aggredita, perché non è una cosa voluta da me e neanche mi è stato chiesto prima se avrei apprezzato o no
  • Era un pomeriggio tardo d’estate non troppo caldo e camminavo per andare a prendere il treno a Verona. Quasi arrivata alla stazione mi sono sentita chiedere da un maschio adulto “Dove porti tutta quella carne?”. Sconvolta, mi sono solo girata verso di lui in silenzio e poi ho continuato a camminare mandandolo a quel paese per sfogare la rabbia. Dietro di me c’era un’altra ragazza e in lontananza altri maschi seduti a dei tavoli a mangiare. Quelle parole mi hanno fatto sentire moltissima rabbia e amareggiato, perché sono una donna giovane e la mia persona è stata annullata per essere paragonata a un pezzo di carne pronto da consumare.
  • Mi hanno fatto segno di volermi eiaculare addosso
  • Era un pomeriggio di luglio, ero al telefono con la mia coinquilina e stavo attraversando a piedi il cavalcavia che collega la stazione di Padova al quartiere Arcella. Un ragazzo in bicicletta mi si accosta, inizia a mandare baci e piano piano di avvicina a me. Io decido di ignorare il comportamento, continuo a parlare al telefono con la mia amica e intanto mi guardo intorno: le persone avevano visto e sentito la scena e nessuno stava facendo nulla, molti mi avevano guardata e si sono voltati come se fosse un episodio talmente normale da non meritare attenzione. I baci lanciati al vento proseguono, seguiti da apprezzamenti verbali sul mio corpo e a auto-palpeggiamenti dei genitali da parte del ragazzo. Ad un certo puto decido di rispondere, di urlare che mi sta infastidendo e di allontanarsi. Questo comportamento è stato messo in atto solo perchè era giorno, c'era luce e mi trovavo in una zona piena di persone; continuavo a pensare "se dovesse succedere qualcosa di brutto almeno una persona chiamerà i soccorsi o mi aiuterà". La reazione dei passanti è stata la cosa più dolorosa. Mi guardavano, il ragazzo compreso, come se fossi pazza, come se quel mio comportamento fosse sproporzionato rispetto alla paura che quel ragazzo mi aveva creato. Per un momento si sono avvicinati altri due ragazzi, e lì ho avuto davvero paura: erano tutti in bici mentre io ero a piedi, non avrei avuto vie di scampo. Per mia fortuna il ragazzo che per primo mi aveva molestata ha fatto un cenno con la testa agli altri e se ne sono andati. Pochi secondi dopo mi sono immessa in una strada laterale, ho accostato di nuovo il telefono all'orecchio e ho sentito la voce della mia coinquilina. Era rimasta in ascolto per tutto il tempo così che "se fosse successo qualcosa di brutto sarei stata testimone, e potevo sapere dov'eri" (parole sue). Casa mia non era lontano, appena sono entrata nel mio appartamento sono scoppiata a piangere. Da quel giorno però racconto questo episodio ogni volta che ne ho l'occasione: rispondere al cat-calling si può in certe circostanze e raccontare questi episodi da un lato fa sentire meno sole le altre donne e dall'altro apre gli occhi a molti uomini che non si rendono conto della pervasività di questo fenomeno.