LASCIATECI CAMMINARE IN PACE: i risultati del questionario sul CAT-CALLING
Il cat-calling, purtroppo, risulta evidente che inizi molto presto. La maggior parte delle prime esperienze di cat-calling si concentra nella fascia d’età 11-15 anni ma, alcune risposte, ci danno un quadro ben diverso e che, purtroppo, non ci stupisce: subire cat-calling dai 5 ai 10 anni è sinonimo di una forte sessualizzazione anche del corpo delle bambine.
La maggior parte delle donne ha subito cat-calling da sconosciuti e in relazione al proprio aspetto fisico, tramite allusioni e commenti non richiesti rivolti al loro corpo, all’aspetto fisico, al loro semplice “essere donne” (nel genere e/o nel sesso), al loro modo di vestire, di camminare e di comportarsi. Alcune di loro hanno sottolineato come il catcalling si manifesti anche in richieste dirette di sorridere di più, o nel porre domande private e nel chiedere perché la donna giri da sola per strada.
Alcune donne hanno riportato eventi di cat-calling subiti a causa del loro essere straniera e del loro orientamento sessuale, oltre che al loro essere donna. Questo ci ricorda come anche nella violenza del cat-calling sia fondamentale considerare l’intersezionalità di diverse identità sociali e delle relative oppressioni: forme di esclusione come razzismo, sessismo, omolesbobitransfobia non agiscono in modo indipendente, ma sono strettamente legate tra loro, creando un sistema di oppressione che rispecchia l'intersezione di molteplici forme di discriminazione.
Dalle risposte ricevute abbiamo rilevato che quasi la totalità delle donne ha subito cat-calling da parte di uomini sconosciuti. Alcune donne, inoltre, testimoniano di aver subito cat calling anche da conoscenti: amici, parenti, vicini di casa, fidanzati. Questo ci ricorda che il cat-calling non è un fenomeno legato a un particolare tipo di relazione, ma può avvenire in differenti situazioni e da parte di differenti persone, indipendentemente dal legame della donna con queste. Spesso avviene da parte di sconosciuti perché è più semplice e immediato, in un sistema patriarcale, oggettificare il corpo di una donna che non si conosce, incuranti del disagio e della paura che si provocano.
In base alle risposte che abbiamo ricevuto, abbiamo rilevato che il catcalling non è legato a una particolare situazione e viene messo in atto da uomini indipendentemente dalla loro origine, nazionalità, cultura, età, situazione economica. Può avvenire in strada, nei mezzi pubblici, di notte, di giorno, nei centri abitati o in luoghi isolati. Chi agisce catcalling sono stati quasi sempre uomini, di ogni età: da gruppi di adolescenti a uomini di mezza età, a uomini anziani. Sono uomini caucasici, italiani, stranieri. Le situazione e le modalità di cat-calling sono diverse tra loro, non c’è uno standard: sono commenti espliciti, sguardi viscidi, toccate, tentativi di approcci indesiderati. Alcune donne, inoltre,sono state molestate da uomini che avevano accanto le mogli o compagne e le famiglie. Il modo in cui ci si sente è comune a quasi la totalità delle donne: fastidio, impotenza, rabbia, schifo, vergogna, disgusto, paura. Alcune hanno iniziato a girare col coltellino o lo spray al peperoncino per difendersi.
Il cat-calling non avviene in un luogo preciso o a un orario preciso della giornata. Per moltissime avviene in luoghi isolati, poco illuminati, nei parcheggi, in quartieri malfamati, nelle strade deserte, nei vicoli stretti, così come in parchi, nel centro storico, nei bus affollati, in stazione, alle fermate del tram, del bus, lungo i marciapiedi, l’argine o il lungomare. Avviene letteralmente ovunque. Oltre che ovunque, il catcalling avviene anche in ogni momento della giornata. Per molte donne il momento più delicato è la sera, la notte, rientrando a casa da sole. Ma il catcalling avviene anche in pieno giorno, mentre si pratica sport all’aria aperta o si è all’interno di un bar.
Se c’è però una cosa che accomuna tutti questi luoghi, orari e situazioni è la sensazione di pericolo provata da chi subisce il cat-calling suo malgrado. I dati da noi raccolti sono molto eloquenti.
Impotente, angosciata, sbagliata, vulnerabile, sporca, umiliata, in pericolo, sola, infastidita amareggiata, violata, frustrata, debole, paralizzata. Così si sentono le donne che subiscono cat-calling. Nelle risposte che abbiamo ricevuto, tutte le donne hanno sottolineato, con diversi aggettivi, il senso di vergogna, impotenza, paura, pericolo, che provano ogni volta che subiscono questo genere di molestie. Le molestie di strada non sono lusinghe o complimenti, ma abusi che impattano nella vita di ciascuna, modificando la quotidianità delle nostre vite e limitando il nostro senso di libertà.
Molte delle donne che ci hanno inviato la loro testimonianza hanno sottolineato la difficoltà di rispondere a un cat-calling. I motivi sono svariati: per paura di un’aggressione fisica o verbale, per timore di “peggiorare la situazione”, per un senso di pericolo. Molte donne abbassano lo sguardo o ignorano i commenti, sentendosi a disagio e incolpandosi per non essere state “preparate” a reagire. Una parte delle donne ha iniziato a rispondere a tono, chi più regolarmente e chi invece sporadicamente. Molte delle donne che rispondono al cat-calling con regolarità o abbastanza spesso, affermano di farlo in situazioni non troppo pericolose, come in luoghi pubblici o durante il giorno. Invece, se il cat.calling avviene in luoghi isolati e in orari notturni, anche le donne che solitamente rispondono a questa violenza si sentono più intimorite e in pericolo a rispondere all’aggressore.
La maggior parte delle donne si è sentita sollevata dal condividere la propria esperienza con altre donne – amiche, colleghe... – dalle quali si è sentita compresa, in quanto il catcalling è un’esperienza che accomuna buona parte delle donne. Molte, però, si sono sentite incomprese, banalizzate, incolpate e minimizzate soprattutto da parte di amici maschi o, a volte, anche da parte della famiglia - per esempio, nei consigli di vestirsi in modo più sobrio. A volte, la banalizzazione è avvenuta anche da altre donne – solitamente più anziane – che hanno minimizzato la violenza subita. Chi non ha condiviso la sua esperienza con qualcuno, lo ha fatto per timore di non sentirsi capita, per senso di vergogna, per non dare peso alla violenza subita, perché tale evento veniva considerato accettabile, oppure perché non sapeva a chi rivolgersi, con chi poterne parlare.
Sappiamo che parlarne non è semplice, e che può capitare di venire giudicate perché viviamo in una società patriarcale. Se senti il bisogno di dire a qualcuno quello che ti è successo, noi ci siamo, ti crediamo e non ti giudichiamo. Non sei sola.